Morey St denis Clos des Rosiers monopole 2020

  • Chantal Remy
  • 2020
  • Village
  • Vinificazione : Egrappé/uve diraspate Egrappé/uve diraspate
  • Vitigno : Pinot noir Pinot noir
Pagamenti sicuri al 100%

ormai assurto a prodotto iconico di questa denominazione, sia grazie alle oggettive nobili prossimità territoriali, che alla mano particolarmente ispirata di Florian Remy. Il cru aspira ormai, da diverso tempo, al legittimo rango di 1er cru; con buona probabilità, ne otterrà la promozione quando l'età del vigneto, monopolio dei Remy, raggiungerà l'agognato status di "vieilles vignes", almeno nel senso inteso dalla commissione INAO incaricata di valutane il relativo dossier. Si tratta di un vino ottenuto sempre mediante il totale diraspamento delle uve, ed è sovente oggetto di rendimenti molto bassi, mediamente di circa 30 hl/ha, che danno luogo ad una produzione intorno alle 6 pieces l'anno. Al cru originario, da circa quattro anni, sono state aggiunte altre 8 are, per cui ora si estende per 0.33 ha. La vigna è costituita da primi impianti che risalgono all'anno 2000 e rappresenta il prolungamento naturale del giardino (il figlio di Chantal, Florian, lo definisce “l’orto di casa Remy”) di casa, ed è adiacente al lato sudista del "Clos de Lambrays", con il quale condivide parte della tessitura granulometrica dei suoli. Il terreno, che fino all'anno scorso era lavorato con l'ausilio di un collaudatissimo gregge di pecore di razza marocchina (gli anni precedenti grazie all'intervento di un cavallo), da quest'anno non lo è più (ragioni organizzative e logistiche, relative al gregge). Lo stile del vino ricalca i "borgogna vecchia scuola", in cui prevalgono matrici aromatiche di autentica nostalgica grazia, esaltate da un’eleganza non comune. Annata '20 che, alla verve estroversa dell'annata precedente, ha aggiunto il plus di un miglior settaggio dei morsetti responsabili dell'equilibrio dinamico tra le sue componenti; ciò gli permette di giungere ad un nuovo punto di approdo soprattutto sul fronte del piacere gustativo, ora in grado di farsi apprezzare e rendersi identitario quanto la sua ben nota matrice, cioè la riconoscibilità olfattiva. In questa versione, l'iniziale sventagliata di delicati effluvi di violetta, è presto sopraffatta dall'affiorare scalpitante di lamponi freschi, ribes rossi e piccoli mirtilli, che sgomitano per emergere gli uni sugli altri; in bocca trasuda balance e rilancia subito sulle frequenze di una tartarica dai tratti aristocratici, che libera l'alto tasso di espressività di un sorso che resta in equilibrio, tra lo zampillare di minuti frutti boschivi e l'amplificazione data da una sapidità luminescente; la piacevolezza papillare lascia spazio ad un finale rigoroso ed aggraziato, sinfonico nella sua intensa aromaticità. Siamo innanzi ad una versione “neoclassica” di questo prodotto (da intendersi rigorosamente nella nuova accezione inaugurata dal trend climatico del quinquennio di annate precedenti), la quale ci ha permesso di estrarre dai cassetti della memoria certi rimandi nostalgici di annate meno esplosive sul fronte dell'espressività dell'estratto secco (nonostante la '20 sia figlia della stessa matrice climatica della triade 2017-18-19, ndr) e maggiormente equilibrate, rivisitate e ricalibrate in nome di una nuova contemporaneità. Apogeo di consumazione [2024-2029]

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