Meursault 1er cru Perrieres 2018

  • Albert Grivault
  • 2018
  • Premier cru
  • Vinificazione : Egrappé/uve diraspate Egrappé/uve diraspate
  • Vitigno : Chardonnay Chardonnay
Pagamenti sicuri al 100%

9.41 ettari di superficie complessiva vitata di autentico stupor mundi, dal perimetro decisamente asimmetrico, confinante con l'area nord degli aristocratici Genevrieres; l'origine etimologica del climat è agevolmente riconducibile alla cava ivi presente, da cui si estraevano le pietre che venivano utilizzate per svariati usi, anche di natura civile. All'epoca dell'appena maturata unificazione italica, questo gioiello territoriale fu addirittura consacrato alla stregua qualitativa del monumentale grand cru Montrachet; un imprinting che ha acceso un faro a queste latitudini, che, tuttora, irradia un fascino imperituro per ogni appassionato bianchista di borgogna. La parcella, che tocca i 300 mt d'altitudine massima, presenta un'articolazione territoriale particolarmente complessa, scandita dalla presenza di 4 climats: i sassosi “Perrières dessus”, che sprigionano un'ascendenza minerale senza paragoni; poi i ciottolosi e solcati da roccia madre calcarea, “ Perrières dessous”, che risultano i più aggraziati, estesi e confinanti con Puligny Montrachet; a seguire, gli “Aux Perrières”, dai suoli argillosi e ferrosi ed, infine, il più ambito e prestigioso, il “Clos des Perrières”, il gioiello in monopolio del domaine Albert Grivault. I Perrières sono in grado di dare vita a vini di longevità siderali e, solo dopo adeguato affinamento, sono in grado di liberare tutta la propria energia iodata, sotto la cui spessa coltre, si liberano effluvi di spezie dolci ed una vena balsamica identitaria. Il domaine Grivault, oggi gestito da Michel Bardet, nipote di Albert Grivault, che, lo ricordiamo, ancor oggi, in regime di metayage, fornisce le uve di questo climat a M.me Lalou Bize-Leroy, è quello che vanta il possedimento più ampio di questo climat, esteso per 2.54 ha. Annata '18 che risplende paglierina e rifrange bagliori scintillanti; naso veicolato da una stratificazione signorile, che necessita di ossigeno per liberare rimandi di pietra focaia, poi nocciole fresche, sbuffi di burro di Normandia ed, infine, un delicato cote di genziana e gesso; bocca che rivela una gioventù quasi ostentata, grazie ad una volumetria tartarica di grande verve, che irradia un'energia dirompente, e che esalta un riscontro gustativo in piena fase di separazione contenutistica, dal quale emergono, in forma piuttosto cremosa, sintonici aromi di mele verdi, citrus meyerii e note di sesamo in tostatura, solcati da un laser sapido voluttuoso. Il finale è un matrimonio di sale, agrumi e gesso. Un piacere in divenire progressivo, cui il tempo certificherà una grandezza ora albeggiante. Apogeo di consumazione [2025-2035]

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