ANNATA 2024 IN BORGOGNA. ANALISI DINAMICA

Annata 2024 in Borgogna. Narrazione dinamica



Lo staff redazionale ripropone una rubrica che resterà in vigore per tutto l’anno vegetativo '24, quindi sino al raccolto delle uve principali coltivate in Cote d'Or, chardonnay e pinot noir. Al termine di ogni mensilità considerata, da marzo a settembre (con doveroso incipit circa l'andamento dell'inverno che precede il nuovo millesimo), si propone di fornire ai nostri lettori un report dinamico sugli accadimenti meteo principali, corredato anche dall'analisi di alcuni parametri che riteniamo essenziali per comprendere al meglio l’andamento dell'annata viticola.



                                                          INVERNO 2023-2024



Dicembre figlio di una coda novembrina piuttosto fredda (con minime e massime decisamente sotto la media) e qualche sprazzo di pioggia: non sono mancate folate di autentico freddo e conseguenti gelate nei primi giorni del mese. Questa tendenza è durata in Cote d'Or però solo per tutta la prima settimana (picco di -7.2 gradi il giorno 3), per poi dissiparsi rapidamente, a causa di un anticiclone africano in grande forma, che si è piazzato sulla Francia dal giorno 15, portando con sé temperature decisamente sopra le medie, con minime che sono schizzate sino a 7.6 gradi e massime che hanno toccato i 13.6 gradi, sancendo una media tra i due valori, a fine mese, di 2.2 gradi sopra le attese stagionali e piogge nella norma. Insomma, zero neve, soleggiamento scarso, molte giornate d'uggia e grande umidità.

Gennaio ha ereditato il dna del fine anno '23, quindi ancora solcato da venti in spinta da sud e temperature con minime sui 7 gradi e massime sino ai 12.7 nella prima settimana; ma da domenica 7 arriva il tanto atteso autentico freddo invernale continentale: un vortice polare, vaticinato per almeno una prima ondata lunga una decade, abbraccia tutta la Francia; i venti precipitano verticali sulla meridiana direttamente da nord, spazzando l'umidità latente e seccando l'aria, determinando la discesa repentina ed improvvisa delle medie stagionali; si scende sino a -8 gradi (il giorno 16) ed anche di giorno non si scherza, toccando i -3 gradi il giorno 13. Freddo imponente e ghiaccio tappezzano, alternandosi, la Cote d'Or. A tentare di solidificare le fondamenta di quello che sembrava un cominciamento d'inverno che prova a fare sul serio, segnaliamo la precipitazione di un paio di centimetri scarsi di neve, che ha fatto la sua comparsa i giorni 9, 10 ed il 17; in verità, si è trattato di davvero poca cosa, anche grazie all'effetto liquido apportato da soventi precipitazioni, che ne hanno cancellato presto i segni. L'apice di questa parentesi tonda invernale si è toccata il giorno 19. Ma proprio quando era lecito immaginarsi ed augurarsi un vero trend da generale inverno in vecchio stile, ecco riapparire, d'improvviso, una dannata doucer stagnante, che una volta manifestatasi è durata per l'intera seconda metà del mese, la quale ha prodotto minime sino a 9 gradi notturni e ben 14.5 gradi in pieno giorno. Una scodata mite, insomma, inattesa e malevola, determinata dalla ricomparsa dell'anticiclone sub-tropicale, che da qualche lustro ama fare scorribande a latitudini un tempo proibitive, che ha portato in dote flussi di venti costantemente spiranti da sud-ovest e medie generali superiori anche fino a 5 gradi, decisamente oltre le medie attese. Una ferita mortale inferta alle speranze di un inverno in grande stile?

Febbraio si trascina il nefasto destino che si era ipotizzato alla fine del mese precedente: l'inverno è stato costretto a moderare la sua voce, declinandola su una costante e generale mitezza, contraddistinta da venti provenienti sempre dai quadranti di sud e sud-ovest e precipitazioni che hanno raggiunto una percentuale finale di +29 per cento (55 millimetri totali) rispetto alle medie, con soleggiamento inferiore del 34 per cento e temperature sempre sopra le linee attese, che hanno toccato i 9.6 gradi di minima più elevata ed i 15.4 di giorno, confezionando una media tra i due valori superiore di 4 gradi rispetto a quanto ci si attende dal periodo. In Francia si è parlato di questo fenomeno come di una autentica “doucer exceptionelle”. Nonostante questa mensilità che si è rivelata un'occasione persa, non ce la sentiamo ancora di vendere lo scalpo di un inverno sin qui lungo praticamente una decade (quella di gennaio), perché sino a fine marzo (proprio l'anno scorso si riscontrarono, infatti, nevicate significative tra la fine di febbraio e la prima settimana del mese a seguire) può sempre rialzare la testa. In vigna questo è periodo di potature invernali e di fuochi appiccati ai vecchi legni tagliati.



MARZO. Eccoci approdati al primo mese davvero significativo sotto il profilo del decollo vegetativo stagionale ed oggetto, proprio per questo, di nostre analisi decisamente più chirurgiche; analisi che non possono prescindere ovviamente da quanto accaduto nei mesi precedenti, in cui la terra, e lo constatiamo con un certo rammarico, non ha avuto a disposizione un tempo nè ideale né, temiamo, congruo per un riposo a regola d'arte; con ciò ci riferiamo al concetto chiave che piante come la vite (e molti altri alberi da frutto), per ottenere un riposo invernale efficace prima di riattivare il proprio status vegetativo attivo (risalita della linfa dalle confortevoli radici: posizione c.d. anti gelo per la pianta), necessitano anche sino a 1000 ore di temperature sotto i 7 gradi. Garanzie che questo inverno non pare aver soddisfatto. Ad abundantiam, rispetto al trittico di annate che lo hanno preceduto, quest'ultimo si è rivelato il più mite, con addirittura una media di 2 gradi complessivi oltre le sue medie: solo in due inverni recenti, quello 2015-2016 e 2019-2020, le anomalie termiche si sono rivelate più marcate di quello attuale. Come conseguenza di ciò, il rischio di spunti vegetativi anticipati (che solo due decenni fa si manifestavano mediamente intorno alla prima decade di aprile) attualmente sconta mediamente quasi un mese d'anticipo, con tutti i rischi di mutamenti climatici nefasti e repentini sempre possibili in questo momentum stagionale: ci riferiamo ovviamente alle ormai celebri devastanti gelate d'aprile; queste ultrime, nel 2021, lo ricordiamo, hanno generato eventi agronomici catastrofici a queste latitudini che non si registravano dal 1945. Pertanto, l'ovvio l'auspicio è che la propulsione verticale delle linfe delle viti, che si apprestano a risalire i tronchi, non approdino con troppa veemenza sui terminali dei tralci sino ad irrorare le imminenti gemme, le quali, seppur avvolte nelle loro naturali protezioni nella loro prima fase di manifestazione esterna, rischierebbero, a causa di temperature molto basse, di bruciarsi. Incrociamo le dita per scongiurare questo scenario non prima di evidenziare come dell'inizio di marzo alcuni presunti autorevoli incroci statistici hanno indotto molti vigneron zonali a determinare una stima probabilistica per questa primavera 2024 di rischio gelo in stile 2021 che potrebbe spingersi anche sino al 60 per cento. Un dato sinceramente inquietante. Ci scrolliamo di dosso questi poco auspicabili vaticini ed entriamo finalmente nel vivo dell'analisi di marzo '24. La prima decade inizia sterzando la rosa dei venti di fine febbraio verso benevole correnti da nord, determinando scarsi episodi precipitativi e temperature, dopo i primi tre giorni del mese abbastanza miti, che si innalzano sino a 10 gradi di massima, mentre di notte si ritorna, seppur fugacemente, ad apprezzare il sotto zero. Insomma accade quello che sembrerebbe abbozzare una retromarcia stagionale. Ma dalla seconda decade, lo scenario comincia a mutare: ammiriamo, a metà mese i primi pianti della vite, che però generalmente ritardano a diffondersi in Borgogna ed, almeno sino al giorno 22, le temperature impennano progressivamente, scavallando ben presto l'asticella delle medie del periodo, ed arrivando sino a 18.5 gradi diurni. Dal giorno 16 si segnala qualche rischio grandine poi scongiurato (in Occitania ne è caduta parecchia) ma aumentano significativamente le precipitazioni, che dureranno, a fasi alterne, ma con grande intensità, sino alla fine del mese. L'ultima decade di marzo ha chiuso il cerchio con temperature abbastanza nella media, ancora molto grigiore ed un evento definito la “tempesta Nelson” che ha determinato danni significativi solo sul nord ovest della Francia e solo grandi precipitazioni diffuse in Cote d'Or. Segnaliamo, in limine, che proprio ora comincia la prima fase cruciale stagionale, che definiamo una “fase creativa” dei vigneron: la scelta dei timing delle potature definitive (che portano a termine il lavoro di quelle iniziate in inverno nel mese di gennaio, che lasciano nei metodi di allevamento a guyot due tralci). Ci riferiamo a quelle che lasciano in pianta solo uno sperone con generalmente un paio di gemme ed un capo a frutto di 6-8 gemme, le quali attività si palesano più o meno tardive a seconda delle scelte strategiche di ciascun vigneron, che si riveleranno decisive per la qualità delle rese finali stagionali ed i cui parametri essenziali da considerare sono la posizione geografica delle viti (esposizione solare del parco vitato ed altitudine) l'età delle vigne (le più giovani sono più precoci) ed i cepage (che hanno attivazioni vegetative più o meno anticipate).

Temperature. 8 giorni si minime e massime sotto media, poi rialzo generalizzato in ascesa costante, con massime sino a 22 gradi il giorno 22 ed una media di +1.7 gradi complessivi per il mese.

Precipitazioni. Inizio e fine mese piovosi; in particolare l'ultima settimana del mese. Alla fine sono precipitati la bellezza di 113 millimetri, che equivalgono ad uno stupefacente +134 per cento rispetto alle medie del periodo.

Soleggiamento. Sole e luce sempre scadenti da inizio anno. Non fa eccezione marzo, con sole 100 ore all'attivo ed un -34 per cento sulle medie del periodo.

Foto credit domaine H. Naudin Ferrand



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