L'ANNATA 2020 IN BORGOGNA. ANALISI E LINEE GUIDA DEL MILLESIMO

L'ANNATA 2020 IN BORGOGNA



L'analisi che fa seguito è sempre fondata sull'armonica fusione di due parametri che riteniamo essenziali per la piena comprensione del millesimo: 1) i numerosi e preziosissimi dati attinti dalla nostra annuale rubrica dinamica di monitoraggio, mese per mese, di tutti gli eventi meteo significativi riscontrati in Cote d'Or durante il ciclo vegetativo di ciascuna annata, quindi da marzo a settembre (per coloro che desiderano addentrarsi nei dettagli dei parametri analizzati, invitiamo alla lettura della rubrica: “BORGOGNA 2020: IL RACCONTO DINAMICO DELL'ANNATA”); 2) i plurimi test effettuati da botte e gli ultimi recentissimi riscontri di ciò che è stato imbottigliato sino ad oggi.

Come sempre, ribadiamo che lo scopo di questa rubrica non è forgiare un giudizio insindacabilmente definitivo sull'annata, considerata la sua imminente prima diffusione commerciale, ma quello di dotare i nostri lettori di strumenti necessari ad interpretarne il suo vagito, il suo afflato posturale iniziale, l'anima primigenia che lo caratterizza, i tratti distintivi della sua personalità, con relative accezioni e caratterizzazioni, strettamente derivanti dalle dinamiche climatiche di cui è figlio il millesimo. La successiva progressione evolutiva, la vita che lo attende in vetro, gli assestamenti che l'affinamento porterà in dote, saranno necessariamente determinati dalle cure che il tempo deciderà di riservargli.



In prima battuta, iniziamo il nostro cammino analitico, ripercorrendo, in questa sede solo in estrema sintesi, la dinamica dell'andamento vegetativo del millesimo 2020, alla luce delle risultanze emerse nella nostra su citata rubrica, di cui al punto 1.



L'inverno 2020 è iniziato piuttosto piovoso, grazie all'apporto di buoni quantitativi precipitativi, e con temperature miti, che hanno ricordato i primordi stagionali delle annate 2011, 2015 e 2018; dicembre, quindi, si è presentato piuttosto umido e tiepido. Gennaio ha evidenziato una temperatura media di circa 4 gradi, con punte massime sino a 11 gradi e scarsissime precipitazioni. Febbraio è parso un mese estroso, in cui è piovuto dignitosamente, si sono rilevate temperature massime ben oltre le medie del periodo, materializzando una mensilità complessivamente tra le più calde degli ultimi 10 anni (primi germogli scorti a Volnay il 10 febbraio..); e, dulcis in fundo, sul finale, l'inverno si è congedato con una intensa quanto rapida nevicata il giorno 27, salvo poi impennare verso temperature primaverili già dal giorno successivo. Il primo mese del calendario vegetativo ufficiale, cioè marzo, è cominciato direzionandosi verso una spinta vigorosa, per poi segnalarsi, nel segmento temporale 23-28, con minime sino a -3 gradi; per fortuna gli stadi vegetativi generali hanno permesso (qualche bougies, a dirle il vero, a tutela di aree più esposte alle correnti fredde, come la collina in cui troneggia il “Corton Charlemagne”, si sono viste) di scavallare questo primo brivido stagionale. Aprile, è notorio, costituisce ormai un crocevia determinante, non sempre sotto il solo profilo delle rese prospettiche; ed infatti, non ha tradito di mettersi sotto l'occhio di bue: il giorno 2 abbiamo assistito al classico spettacolo delle bougies soprattutto dispiegate in Cote de Beaune, a tutela delle precoci viti di chardonnay; i -5.5, riscontrati nel triangolo del cepage a bacca bianca, quindi tra Chassagne-Puligny-Meursault, sono stati arginati piuttosto bene, grazie alla precocità dell'evento ed a difese prontamente dispiegate, nonché grazie all'ausilio determinante di un vento secco salvifico, che ha costantemente spirato da nord est; ovviamente, soprattutto nei climats più pianeggianti ed esposti della Cote de Beaune, deputati per lo più a vini di categoria “village” ed “app. regionali”, qualche danno in più si è concretizzato. Ha fatto seguito un periodo di grande soleggiamento e penuria di piogge. Maggio si è mostrato scarsamente piovoso, piuttosto caldo ed asciutto, grazie ad ottime ventilazioni da nord est, che hanno allestito un habitat ideale per floraison solide e sane. Giugno ha improvvisamente decelerato la spinta vegetativa sin li' molto vigorosa, alternando, almeno sino ad oltre metà mese, perturbazioni atlantiche e sole, dispensando un discreto apporto precipitativo, che ha traghettato positivamente il fenomeno delle allegagioni; l'impronta vecchio stile, del primo mese estivo, in virtù della vigorosa accelerazione vegetativa impressa dai mesi precedenti, non ha impedito invaiature molto precoci. Luglio non ha mancato di irradiare un calore molto significativo (il giorno 31 si sono battuti record che resistevano dal 1921, avendo la temperatura massima diurna toccato i 39.1 gradi), apportando un grandissimo soleggiamento, ma portando in dote, in molti settori di pregio, anche preziosissime escursioni termiche notte-giorno, ma dispensando pochissimo apporto precipitativo; e ciò ha determinato non pochi fenomeni di stress idrico, rendendo più complessa, soprattutto in alcune aree, la continuità delle maturazioni fenoliche, costringendo i vigneron alla massima perizia, per trovare la miglior sintesi tra alcol crescente, maturazione armoniosa dei fenoli a fronte di acidità molto vivide; mentre accadeva tutto questo, si sono prospettate vendemmie, di entrambi i cepage, decisamente precoci. Sono cominciate il mese successivo, quello di agosto, addirittura il giorno 18 per lo chardonnay ed il giorno 20 per il pinot noir; nel corso della prima quindicina ha troneggiato grandemente il sole, che per tre settimane ha presentato temperature sopra le medie, mentre poi ha fatto seguito una seconda parte del mese meno aggressiva in calore, che ha contraddistinto tutto il periodo vendemmiale; di piogge, ancora grande scarsezza.



Veniamo ora alle nostre degustazioni del millesimo 2020, ed alle relative impressioni che ne abbiamo ricavato. Partiamo subito dal presupposto che questa annata si è installata con prospettive sintoniche con il binomio che l'ha preceduta, prendendo maggiormente le distanze dalla meno calda delle tre, la 2018, e vibrando, invece, di una certa assonanza con la 2019. Una prima nota caratterizzante, che conferisce un sicuro bonus di classe alla 2020 è l'immediata percezione di grande equilibrio complessivo che la contraddistingue. Tale bilanciamento è da considerarsi un autentico tratto distintivo identitario del millesimo, il quale ci appare piuttosto lontano dalla dirompente, fiammeggiante personalità della 2019, la quale, da subito, non ha mancato di ruggire una propria edonistica sensualità congenita. Nella 2020, invece, si scorgono equilibri delicati, ricamati con raffinato tatto, che ricordano skills non lontane da un'annata come la 2017, per certi spunti di classicismo; proprio questo accostamento, ci permette di cogliere l'occasione per estendere una nostra personale riflessione: riteniamo la 2017 definibile come “la prima annata classica, ma nell'accezione di quelle che si iscrivono nel contesto di un trend climatico in trasformazione”; il millesimo 2014 (ultima annata molto fresca) pare aver stabilito un vero spartiacque con quelli che gli sono succeduti, i quali hanno mostrato l'attitudine di forgiare una nuova categoria, a sé, che accomuna quelle che paiono catalogabili come “annate dal dna similare, figlie di un conclamato mutamento del clima”, perché la loro successione armonica (che sottoporremo a verifica nel corso delle prossime annate) pare essere in grado di inaugurare potenzialmente un nuovo trend. Pertanto, solo nell'ambito di questo contesto appena descritto, consideriamo la 2017, per i suoi riscontri degustativi odierni, come capofila tra le ”annate classiche del nuovo corso”, cui la 2020 si affianca. E' sicuramente presto per decretare il de profundis del concetto di “classicismo old style di un'annata”, ma appare molto probabile che, in futuro, dovremo abituarci a riallocare certa terminologia nell'ambito di un alveo contestuale mutato, conferendo nuove accezioni al concetto storico di partenza.

Riprendendo l'analisi dal secondo elemento caratterizzante dell'annata, ci pare evidente una significativa presenza della timbrica tartarica, che riluce vivida, traducendosi in una freschezza sorprendente, quasi miracolosa, considerata l'anima calda da cui scaturisce. Proprio questa acidità stupefacente che non ci saremmo attesi ci ha indotto ad analizzare il perimetro contestuale che ha concorso a determinarla; come accennato nella sintesi dinamica dell'annata, soprattutto in alcuni settori, a causa dell'imponente ondata di caldo di luglio, si sono verificati diversi temporanei stop e successive riprese delle maturazioni fenoliche, nonché, e questo è stato un fenomeno più generalmente diffuso in Cote d'Or, si è fatto sentire un massiccio stress idrico. Proprio per analizzare questi fenomeni, abbiamo deciso di allargare il perimetro delle nostre perlustrazioni degustative, visitando un campione di domaine molto più ampio del solito, e soprattutto alieni al nostro portfolio attuale; ciò, all'evidente scopo di crearci una idea il più esaustiva possibile sulle modalità di gestione di queste due variabili, che hanno realmente condizionato la dinamica agronomica del millesimo. La nostra ricognizione allargata ci ha permesso effettivamente di riscontrare al calice, in diverse occasioni, evoluzioni fenoliche non sempre gestite e portate compiutamente a termine, nonché diversi episodi di acidità particolarmente svettanti. Successivamente ci siamo rivolti ai vigneron che importiamo ed, abbinate ad approfondite sessioni degustative, abbiamo discusso a lungo di come essi abbiano interpretato e deciso di gestire questi momenti cruciali stagionali; la risultante è che ne abbiamo constatato, in sede degustativa, una perizia rassicurante, che si è concretizzata in una pronta interpretazione dell'andamento del millesimo, la quale si è tradotta in attenzioni agronomiche oculate, timing di intervento in vigna e raccolta delle uve molto accorti, nonché successive conduzioni enologiche attente, fatte di estrazioni delicate, nonché sapienti gestioni della solforosa in sede di pre-imbottigliamento, per scongiurare arresti evolutivi una volta in vetro, che le derive mal gestite delle due variabili descritte dell'annata potrebbe generare.

In conclusione, oltre alle virtù di “equilibrio” e “freschezza” evidenziate, è netta l'impressione di trovarsi innanzi ad un'annata meno roboante e sfacciatamente goduriosa rispetto alla evidenze della 2019. Va anche precisato che, ed è accaduto non in pochi casi, là dove il più volte citato “equilibrio” della 2020 si è fatto davvero magistrale, abbiamo riscontrato livelli qualitativi superiori alla 2019, soprattutto per ragioni squisitamente prospettiva. Grazie alla sua raffinata e nobile freschezza, la 2020 ha dispensato sicura classe agli chardonnay (i target qualitativi di riferimento recenti, 2014 e poi 2016, sono nel mirino), donando loro, in egual misura, tensione ed energia, e slanciandoli in una silhouette di grande appeal. Ed i pinot noir? In virtù di rese davvero rasoterra (anche 20 hl per ettaro), lo slancio della tartarica nobile, il ph più basso, ed una cilindrata estrattiva di razza, in questo momento, si palesano charmosamente alteri in sede gusto-olfattiva (il momento più autorevole per valutare il peso specifico qualitativo di un pinot noir) e questa loro impronta iniziale li indirizza verso una fiera aristocratica austerità nel medio periodo; la componente saporosa tannica, ricca di spunti, resta imparentata alla verve gioiosamente fruttata della 2019, ma con lo spunto sospensivo di un quieto ed accattivante equilibro complessivo. Tra i molti vigneron interpellati sulle proprie preferenze tra i due recenti millesimi, evidenziamo che davvero molti si sono sbilanciati a favore di un della 2020, valutata apportatrice di magici equilibri, difficili da eguagliare; noi, invece, preferiamo restare nella terra di mezzo, in ostaggio tra due magie: quella della lancinante diretta sensualità dei 2019 ed il rigore austero, razionale, grandemente equilibrato della “neo-classica” 2020.



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